26 giugno, ore 16:00: Cervinia

Sto passeggiando per una Cervinia addormentata e stranamente inattiva. Domenico, Emanuele ed Enrico arriveranno fra poco.  Saremo in quattro ad affrontare questa traversata del Monte Rosa.

Cerco un posto dove andare a mangiare stasera. Può sembrare strano, ma non è così facile trovare un ristorante aperto, siamo ancora fuori stagione turistica. Parecchi alberghi sono ancora chiusi per ferie (dei gestori…), molti non hanno ristorante, quelli che lo hanno fanno solo mezza pensione per i loro ospiti.

La giornata è tersa e pulita, si vede benissimo il Cervino. Approfitto della disponibilità di un cannocchiale presso uno dei pochi bar aperti e riesco a vedere distintamente tutta la via di salita italiana. Si vede anche il rifugio Carrel,  sopra il luogo dove c’era la cheminee. Eh già, l’anno scorso e’ crollato tutto, adesso la catena della via attrezzata penzola su una placca che non deve essere proprio banale… Passo all’ufficio delle Guide, dove mi dicono che dall’indomani partiranno i lavori di riattrezzatura della via e che probabilmente la nuova via passerà a sinistra di quella precedente, proprio dove sono passati i primi salitori. Chiedo anche informazioni sulle previsioni metereologiche e sulle condizioni della neve. Sul primo punto, la signora dell’ufficio è molto precisa: bel tempo. Sulle condizioni della montagna, non ha notizie di prima mano: oggi e’ il primo giorno che la funivia e’ aperta, nessuna guida di Cervinia è ancora salita al Plateau Rosà, e da li’ ad una delle numerose cime raggiungibili. Comunque, le condizioni sono sicuramente buone: fa freddo, e’ bel tempo da qualche giorno, i crepacci dovrebbero essere chiusi ed i ghiaccio non affiorare ancora sui pendii ripidi che ci troveremo ad affrontare nei prossimi giorni. Non ci resta che andare a vedere.

L’autobus arriva puntualissimo alle 20:25, loro scendono con il loro ridotto bagaglio. Grandi saluti e, dopo avere lasciato gli zaini in albergo, andiamo a cena. Il resto della serata trascorre molto piacevolmente, siamo tutti euforici e contenti di trovarci qua, non vediamo l’ora di iniziare la nostra avventura.

 

27 giugno: Cervinia, Breithorn occidentale, rifugio delle guide

Sveglia alle 6:30, la prima della serie di sveglie mattiniere che ci toccheranno in questi giorni.

Ci prepariamo di corsa ed alle 7:20 siamo già alla funivia, facciamo i biglietti e ci mettiamo in fila con altri alpinisti e con gli sciatori che inaugurano oggi la stagione dello sci estivo.

Mentre siamo in fila guardo i nostri zaini: abbiamo tenuto al minimo le cose da portare (francamente, non saprei a cosa altro rinunciare….) ma sono comunque voluminosi, avremo modo di apprezzare istante per istante la loro pesante compagnia in questi giorni.

La funivia sale veloce, le montagne cominciano a farsi vedere. Il Cervino, come al solito, la fa da padrone, dopo poco si inizia a vedere anche la successione di cime del Monte Rosa, alte e lontane. A dire il vero, sembrano un po’ troppo alte ed un po’ troppo lontane, considerato che dovremo salire su alcune di esse e che il programma e’ di arrivare fino al rifugio Gniffetti, vale a dire al rifugio che si trova alla base della fila di montagne più distanti….Alla fine, inesorabile, la funivia ci scodella sul Plateau Rosa. Gli sciatori se ne vanno via subito, scivolando veloci. Iniziamo a camminare subito anche noi,  senza legarci: le piste da sci ben tracciate rendono sicuro il ghiacciaio, le seguiamo per un bel po’. Ci leghiamo al colle del Breithorn, quando siamo già oltre i 3800 metri. In quattro, utilizziamo una sola corda, la soluzione più sicura e più comoda. Toccherà all’ultimo in cordata il gratificante compito di portare sulle spalle, ben arrotolata ed utile solo in caso di improbabili imprevisti, la seconda corda, che abbiamo portato da Roma nella previsione iniziale di essere in sei anziché in quattro

Mezzo panino, sorso d’acqua (si sa, in quota e’ importante bere e mantenersi ben idratati…), mettiamo i ramponi e ricominciamo a camminare. Siamo ormai ad alta quota, in pieno ghiacciaio, il sole splende alto e la luce arriva da tutte le parti, il bianco e’ il colore dominante. La traccia sulla neve fa un ampio cerchio in piano e poi si impenna per salire sul versante sud del Breithorn occidentale, traversando a mezza costa in dolce pendenza. Ancora qualche sosta (si sa, e’ il primo giorno, e’ un po’ faticoso camminare senza acclimatazione, domani andrà sicuramente meglio…) e siamo in cima, dopo quasi tre ore di cammino. Tira un vento fortissimo, si fa fatica a parlare. Ci sono anche altre persone, quasi tutti stranieri. Parliamo (si fa per dire…) con uno spagnolo, a cui estorciamo il favore di farci una foto di gruppo, poi scappiamo via. Proseguiamo verso il Breithorn centrale, percorriamo una crestina sottilissima, in equilibrio su una traccia molto aerea e sferzati da un vento non propriamente rassicurante. Dura poco: dopo circa duecento metri la cresta scende rapidamente e ci troviamo in una sella riparata, dove ci fermiamo a mangiare ancora qualcosa: la prima cima e’ fatta!! Via, discesa rapida per avviarci verso il rifugio delle guide. Lunga traversata in piano, con il tempo che si annuvola, tanto da far sorgere il dubbio che le previsioni metereologiche della signora dell’ufficio guide a Cervinia fossero anch’esse non di prima mano. Invece, alla faccia di ogni pessimismo, il tempo terrà e le condizioni della neve si riveleranno buone per tutto il percorso di questa giornata. Ad un certo punto, la traccia sul ghiacciaio si biforca. A sinistra si sale fin quasi al colle di Verra, dal quale poi si può scendere poi alla nostra meta, il rifugio delle Guide. Si tratta però di un giro piuttosto lungo, cosi scegliamo la seconda traccia, quella che in modo invitante e riposante si dirige in leggera discesa proprio verso il rifugio, che vediamo al di là di serie impressionante di seracchi e crepacci. In verità, i seracchi sembrano proprio troppi, e molto intricati, per giunta. Però la traccia è chiara e ben segnata, e poi vediamo davanti a noi in lontananza un’altra cordata che ci precede, per cui andiamo avanti pure noi, seguiti da altre due cordate che poi scopriremo essere condotte da due guide alpine. La situazione crepacci peggiora, proseguiamo fino a quando non incontriamo la cordata che ci stava davanti: stanno tornando indietro!!  Procedendo, infatti, ci si viene a trovare davanti ad uno sbarramento di seracchi da superare in corda doppia, dopo la quale non si capisce bene come andare avanti. Che facciamo? Andiamo avanti, facciamo la doppia e poi vediamo come va? Con la prudenza che ci contraddistingue, giriamo i tacchi, tanto di doppie su ghiaccio ne abbiamo fatte tante (non e’ vero, ma fa fico…). Intanto arrivano anche le cordate con le guide, che decidono anche loro di lasciare perdere: proprio in quel punto, l’anno scorso una delle due guide ha avuto una “brutta esperienza” con un Cliente. Saliamo lentamente ed anche un po’ penosamente il pendio che ci porta al colle e, finalmente, iniziamo la discesa che in breve ci conduce al rifugio. Quando siamo vicini al rifugio, vediamo un gruppo di persone, anche loro accompagnati da una guida alpina, che sta passando per la famigerata seraccata: vediamo solo gli ultimi passaggi, che consistono in una traversata esposta e ripida fino ad una doppia finale di una quarantina di metri sui seracchi. Direi che abbiamo fatto bene a lasciar perdere, siamo confortati in questo anche dall’opinione della suddetta guida alpina che, appena arrivata al rifugio, si lascia andare in considerazioni piuttosto accorate su un suo collega che qualche giorno prima  gli aveva consigliato di passare proprio di li’….

Sono le tre e mezza, il pomeriggio passa in riposo, cena ed a letto presto.

 

28 giugno: rifugio delle guide, Castore, rifugio Sella

Iniziamo a camminare alle sei meno venti, dopo esserci svegliati intorno alle quattro e mezza: non c’e’ che dire, la mattina presto non siamo proprio delle schegge di velocità nel prepararci. In compenso, procediamo bene: lenti, regolari, poche soste. Rapidamente arriviamo alla base del Polluce e cominciamo a salire sul versante ovest del Castore. Vista da sotto, la parete sembra meno ripida di quanto ci appariva ieri, quando la osservavamo da lontano ed appariva dritta e ghiacciata. In realtà, si sale comodamente su una traccia ben segnata. Oltretutto, abbiamo davanti una comitiva di svizzeri con una guida, che procede con sicurezza smussando la salita con traversi ampi e regolari, che si incuneano tra seracchi e crepacci. Un paio d’ore e siamo alla base della paretina finale. La crepaccia terminale e’ chiusa, basta un ampio passo per scavalcarla facilmente, ci si trova poi su un ultimo traverso verso destra, ripido ma facile. Cento metri e poi si arriva in cresta: affilatissima, con un vento che tira forte... sarebbe bello fare qualche foto, ma chissà perché nessuno ci pensa (…..).  Ancora un centinaio di metri e siamo in cima! Non ci fermiamo, scendiamo una decina di metri sul versante opposto e ci ritroviamo in un altro mondo: calma, caldo, un po’ di pace dopo lo sconquasso del vento che ci ha accompagnato nell’ultima mezz’ora.

Un panino e ripartiamo, scendendo veloci le sinuose creste della normale del Castore. In poco tempo passiamo il colle del Felik e scendiamo nel ghiacciaio, raggiungendo in breve il rifugio Sella alle undici e venti. Siamo ancora in tempo per mangiare qualcosa, non ci facciamo sicuramente pregare: tortellini e minestra, qualcuno di noi prende anche un uovo con pancetta, acqua e bibite a volontà per reidratarci (si sa, in alta quota bisogna trattarsi bene….e noi in questo siamo particolarmente scrupolosi).

Il pomeriggio scorre via pigro, giocando a carte ed a monopoli (si, proprio monopoli, quello con viale dei giardini e parco della vittoria…), leggiucchiando riviste e libri del rifugio, chiacchierando.

 

29 giugno: rifugio Sella, Stafal

Il programma originario prevedeva di andare al rifugio Gnifetti attraverso il Naso del Lyskmann, ma ieri sera abbiamo deciso, invece, di scendere a valle da qui: qualcuno di noi e’ un po’ stanco, altre 5 o 6 ore in alta quota sembrano una fatica eccessiva. Non c’e’ nessun problema, naturalmente: non siamo collezionisti di 4000, siamo più che soddisfatti del giro che abbiamo fatto. I rumori della gente che si alza per andare a fare il Castore ci svegliamo comunque presto, facciamo colazione con calma e bighelloniamo nel rifugio, fino a partire intorno alle sei e tre quarti.

Scendiamo prima per una ferrata, passando su crestine aeree e nevai ghiacciati. Poi, pian piano il panorama cambia: inizia la morena, si vede qualche cuscino di muschio e di piantine di alta montagna. All’improvviso, avvistiamo uno stambecco. E’ un giovane maschio, che sta terminando la muta della pelliccia. Se ne va in giro tranquillamente, senza accorgersi di noi fino a che non ci avviciniamo. Quando sente il nostro rumore, ci guarda, non si spaventa più di tanto, si allontana senza fretta.

Continuiamo a scendere molto lentamente, abbiamo tempo. Ad un certo punto un bivio, il sentiero si biforca: un ramo continua dritto in cresta, l’altro scende a sinistra, verso la valle. Prendiamo il sentiero che scende: scopriremo presto che non e’ il sentiero che porta alla funivia, nostra iniziale destinazione, bensi’ il sentiero che, dopo circa tre ore di cammino, ci porta fino a valle, nel paesino di Stafal !  Ci rassegniamo subito alla prospettiva della passeggiata imprevista: il cammino non e’ faticoso, l’ambiente diventa sempre più bello. Alle aride distese di sassi dell’alta montagna, infatti, si sono sostituite distese di pascoli su cui l’erba sta iniziando a crescere. Di qui non e’ ancora passato nessuno quest’anno, seguiamo le tracce del sentiero appena accennate e gli ometti, molti dei quali sono stati abbattuti dalla neve. Si cominciano a vedere i fiori, quelli piccoli e colorati di montagna. Ci piace. Ci prendiamo gusto.

Dopo alcuni alpeggi, quando siamo ormai poco lontani dal bosco, incontriamo un alpinista francese. Avrà sessant’anni, sta salendo da solo al rifugio, dove conta di arrivare in serata, senza prendere gli impianti di risalita: sono più di duemila metri di dislivello, ed il giorno dopo salirà sul Castore, dopodiché tornerà fino a valle a piedi ! Un vero estimatore dell’alpinismo classico.

Ancora un po’ di discesa, divenuta più ripida ed impervia, un paio di guadi dei torrenti in piena che scendono spumeggianti dai ghiacciai ed arriviamo al paesino di Stafal, una mezz’ora prima della partenza della corriera per Verres, dove prenderemo il treno per Roma. Ci sbraghiamo per terra, ti togliamo gli scarponi e l’abbigliamento pesante: da qui in avanti ci rimettiamo “in borghese”. Siamo stanchi, ma già sappiamo che tra poco inizieremo di nuovo a progettare la prossima uscita! E non e’ detto che non sarà di nuovo una montagna del Monte Rosa, che con i suoi spazi sconfinati e la sua pletora di cime, creste e ghiacciai e’ uno degli ambienti più belli ed allettanti per qualsiasi alpinista.